Focus contenzioso tributario

UTILISSIMA L’ELEZIONE DI DOMICILIO SPECIALE NEI PROCEDIMENTI AMMINISTRATIVI TRIBUTARI

16 Novembre 2022

Nonostante la contraria sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia, la dottrina e una sentenza della Suprema Corte di Cassazione affermano che, quando in un procedimento amministrativo tributario (per esempio, in una verifica dell’Agenzia delle entrate o della Guardia di Finanza) il contribuente elegge domicilio speciale presso uno studio professionale, il successivo avviso di accertamento deve essere notificato non solo presso la residenza o sede legale del contribuente, ma anche presso il domicilio eletto, pena la nullità della notifica. È quindi buona norma di comportamento, al termine di ogni procedimento amministrativo tributario, eleggere domicilio speciale.

Si allega sul punto la nota di Giuseppe Verna, socio di questo studio, pubblicata in Boll. Trib. inf., 2022, 1509.

La sentenza di Reggio Emilia

E’ irrilevante la circostanza che il contribuente abbia eletto domicilio presso uno studio professionale con indicazione resa con le osservazioni al PVC: detta elezione di domicilio all’interno del procedimento amministrativo di contraddittorio, precedente all’emissione dell’atto impositivo, non può infatti essere considerata “elezione generale di domicilio” valida ai fini della notifica di tutti gli atti impositivi destinati ad un contribuente  e soggetto agli specifici obblighi informativi previsti dall’art. 60, Comma 1, lett. d), D.P.R. n. 600/73.

La notifica degli avvisi e degli altri atti che debbono essere notificati alle imprese individuali o costituite in forma societaria e ai professionisti iscritti in albi o elenchi istituiti con legge dello Stato “può” essere effettuata dal competente Ufficio con le modalità telematiche previste dal regolamento di cui al DPR  11 febbraio 2005, n. 68, a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo del destinatario risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata.

[Commissione trib. Provinciale di Reggio Emilia, sez. I (Pres. e rel. Pederiali), 8 settembre 2022, sent. n. 172]

La nota del dott. Giuseppe Verna

Memoria illustrativa ed elezione di domicilio speciale nel procedimento amministrativo di accertamento

1. -omissis-

2. -omissis-

3. L’interpretazione letterale della norma sulla notificazione degli atti tributari nello statuto dei diritti del contribuente: l’elezione del domicilio speciale

Ricorda il giudice reggiano che gli atti dell’amministrazione finanziaria sono notificati ai sensi degli artt. 137 segg. cod. proc. civ., salvo alcuni casi, tra i quali quello in cui il contribuente abbia effettuato una “elezione generale di domicilio” ai sensi dell’art. 60, co. 1, lett. d), D.P.R. 600/1973, che l’ammette solo “nel comune del proprio domicilio fiscale”.  La Commissione rileva che la società ha effettuato una “elezione di domicilio all’interno del procedimento amministrativo di contraddittorio precedente l’emissione dell’atto impositivo”.

L’art. 6, co. 1, L. 27 luglio 2000, n. 212 (stat. dir. contrib.), stabilisce che “l’amministrazione finanziaria deve assicurare l’effettiva conoscenza degli atti a lui [contribuente] destinati. A tal fine essa provvede comunque a comunicarli nel luogo di effettivo domicilio del contribuente, quale desumibile dalle informazioni in possesso della stessa amministrazione o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente, ovvero nel luogo ove il contribuente ha eletto il domicilio speciale ai fini dello specifico procedimento cui si riferiscono gli atti da comunicare. Restano ferme le disposizioni in materia di notifica degli atti tributari”.

S’impongono qui una serie di considerazioni tra loro convergenti.

In primo luogo lo statuto dei diritti del contribuente è intervenuto successivamente sia all’art. 137 cod. proc. civ., sia all’art. 60, D.P.R. 600/1973, dato che la modifica del 2016 a quest’ultima norma ha riguardato solo l’utilizzazione della notifica telematica[1] accanto a quella della raccomandata con avviso di ricevimento; è pertanto invocabile il broccardo lex posterior derogat legi anteriori. In secondo luogo la previsione di validità del domicilio speciale prevale su quella concernente il domicilio generale atteso che lex specialis derogat legi generale”: nel caso esaminato i corretti richiami alle disposizioni sulla notificazione al domicilio generale non sono pertinenti, essendo stato eletto un domicilio speciale. Le disposizioni dello statuto del contribuente – aggiungesi – “costituiscono principi generali dell’ordinamento tributario” e prevalgono su altre disposizioni, salvo espressa deroga (art. 1 dello Statuto).

Per il chiaro e testuale disposto del citato art. 6, co. 1, mentre esplicitamente e testualmente restano ferme le norme in materia di notifica degli atti tributari, e quindi gli artt. 137 segg. cod. proc. civ. e l’art. 60, D.P.R. 600/1973, l’amministrazione finanziaria, al fine di assicurare l’effettiva conoscenza degli atti destinati ai contribuenti, deve “comunque” notificare gli atti nel “domicilio effettivo” dei contribuenti ovvero nel luogo dove essi hanno eletto “domicilio speciale” ai fini dell’atto a loro diretto. In claris non fit interpretatio. L’interpretazione letterale della norma, rafforzata dalla locuzione “comunque”, dischiude un significato univoco: quello secondo cui, al luogo di ricordata ed ordinaria notifica degli atti tributari, si aggiunge il luogo di domicilio effettivo ovvero quello indicato quale “domicilio speciale”.

Stabilisce infatti l’art. 12, co. 1, delle preleggi che “nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore”: cd. interpretazione letterale o lessicale, la prima, interpretazione logica, la seconda.

L’interpretazione della norma su riportata non può affrancarsi dai criteri esegetici indicati nella norma stessa. La connessione delle parole dell’art. 12 – che premette il criterio del senso fatto palese dal significato delle parole a quello fatto palese dalle intenzioni del legislatore – e l’apposizione di una virgola, che, messa prima della congiunzione “e”, non unisce, bensì separa i due criteri, dischiudono un’accezione eloquente. Il legislatore non ha posto i due criteri d’interpretazione allo stesso livello e, quindi, non ha ad essi attribuito un medesimo valore: il primo – il significato delle parole – è, nell’ermeneutica, gerarchicamente sovrapposto al secondo – le intenzioni del legislatore – con la conseguenza che i due criteri non sono tra loro alternativi, pur potendo pervenire al medesimo risultato: condurre cioè ad un’interpretazione univoca.

Il primo criterio si presenta di facile applicazione. Il “senso fatto palese dal significato delle parole” è di estrema chiarezza talché qualsiasi parafrasi non farebbe che allontanare anziché avvicinare l’interprete. D’altronde nella nostra lingua palese significa chiaro, manifesto, evidente, indubbio[2].

Merita qui ricordare che la Corte di Cassazione, come supremo giudice di legittimità, ha ostentato fedeltà ai valori costituzionali insiti nell’art. 12 delle preleggi, statuendo: “Costituisce fondamentale canone di ermeneutica legislativa sancito dall’art. 12 delle preleggi, che la norma giuridica deve essere interpretata innanzitutto e principalmente dal punto di vista letterale, non potendosi al testo attribuire altro senso se non quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, onde si deve ricorrere al criterio logico per la ricerca dell’intenzione del legislatore solo quando tale significato non sia già tanto chiaro ed univoco da rifiutare una diversa e contrastante interpretazione”[3]. Accreditata dottrina, inoltre, ha affermato che “il linguaggio legislativo deve essere ricondotto ai significati propri del vocabolario comune in cui si rispecchia la lingua popolare”[4].

Tornando al tema della presente nota, le intenzioni espresse dal legislatore – assicurare l’effettiva conoscenza degli atti destinati al contribuente – coincidono con le parole usate dalla norma, laonde l’interpretazione letterale ne esce rafforzata.

L’accertamento tributario quale atto unico a formazione progressiva

Le agenzie delle entrate – sulla base delle notizie comunque acquisite, anche attraverso l’invio di questionari e dell’istruttoria compiuta a tavolino o a seguito di accessi della Guardia di Finanza, delle agenzie delle dogane e delle stesse agenzie delle entrate – emettono avvisi di accertamento liquidando le imposte o le maggiori imposte dovute (art. 31, co. 1, D.P.R. 600/73). L’accertamento delle imposte e delle sanzioni è atto amministrativo unitario, a formazione progressiva, componendosi in estrema sintesi di un’attività istruttoria o di controllo variamente composta e di un’attività di determinazione del credito erariale di varia natura, due attività inconcepibili l’una senza l’altra, come due facce della stessa medaglia.

Nella pratica, come narra il giudice reggiano, l’amministrazione finanziaria ha proceduto ad un accesso, all’acquisizione di informazioni e a constatare maggiori imponibili comunicandoli attraverso un verbale al contribuente. Al termine della fase istruttoria il contribuente ha notificato all’ufficio competente per l’emissione dell’avviso di accertamento le proprie osservazioni ai sensi dell’art. 12, co. 7, della L. 212/2000, ed eletto domicilio speciale, previsto dall’art. 6, co. 1, della medesima legge. In base al p.v.c. e alle osservazioni ricevute dal contribuente, lo stesso ufficio ha notificato l’atto finale: l’avviso di accertamento. La previsione legislativa, secondo cui le osservazioni, contenenti l’eventuale elezione di domicilio speciale, devono essere prodotte allo stesso ufficio deputato, dopo avere valutato le predette osservazioni, a notificare l’avviso di accertamento, vanifica chi sostiene che controllo e liquidazione dell’imposta sono due fasi non appartenenti ad uno stesso atto amministrativo.  

Anche gli eventi concretamente verificatisi, nella successione prevista dall’ordinamento, dimostrano quindi l’unicità dell’accertamento, inteso – ripetesi – quale procedura a formazione progressiva. L’elezione di domicilio speciale ai fini della notifica dell’avviso di accertamento vincolava l’Amministrazione a notificare l’atto destinato al contribuente non solo al suo domicilio fiscale (ex art. 58, D.P.R. 600/1973, incluso quello telematico), ma anche (e comunque) al domicilio speciale eletto durante l’istruttoria dell’accertamento: il termine di decadenza del ricorso decorreva perciò dal giorno in cui l’accertamento era pervenuto al domicilio eletto dal contribuente.

Occorre infatti distinguere fra conoscenza legale e conoscenza effettiva: la prima è assicurata dal rispetto degli artt. 60, DPR 600/73, e 137 ss. cod. proc. civ. (ai quali il primo rinvia), la seconda è quella tutelata dall’art. 6, co. 1, dello statuto del contribuente.

4. L’opinione della dottrina e della giurisprudenza

Si è affermato che, dal punto di vista esegetico, “nessun problema si profila se sussiste un’elezione di domicilio speciale ai fini dello specifico procedimento cui si riferiscono i provvedimenti da comunicare: uniformandosi l’amministrazione a tale scelta del contribuente e provvedendo alla notifica dell’atto presso il luogo dallo stesso indicato”[5], e ciò in quanto è la norma stessa a stabilirlo.

Si è anche osservato che l’enunciato legislativo dispone che “a tal fine essa [l’Amministrazione] provvede comunque a comunicarli [gli atti destinati al contribuente] nel luogo di effettivo domicilio fiscale del contribuente. Restano ferme le disposizioni in materia di notifica degli atti tributari”. Le parole “a tal fine” [dell’effettiva conoscenza], “provvede comunque a comunicarli nel luogo di effettivo domicilio” e “restano ferme le disposizioni in materia di notifica” ordinaria servono a ridurre il gap tra probabilità di conoscenza e conoscenza effettiva, cosicché dovrà l’amministrazione finanziaria “attivarsi per l’adempimento di quella c.d. comunicazione aggiuntiva che renderà maggiormente possibile la cognizione dell’atto inserendosi nel procedimento notificatorio in corso ed assicurando in tal modo un più elevato grado di possibilità di conoscenza”[6], “avendo la norma inteso garantire che almeno l’atto di immediato e diretto interesse del singolo contribuente sia dallo stesso conosciuto”[7].

In giurisprudenza consta solo una chiara ancorché datata pronuncia della Corte di Cassazione[8] secondo la quale “la corretta esegesi dell’art. 6, comma 1, resta nel senso che esso intende assicurare l’effettiva conoscenza di tutti gli atti destinati al contribuente, ancorché restino ferme le disposizioni in materia di notifica. Tale voluta solennità equivale a dire che lo statuto ha inteso affermare che a tutti gli atti dell’amministrazione destinati al contribuente (finanche a quelli notificati) deve essere garantito un grado di conoscibilità il più elevato possibile”.

                                                 

[1] Art. 7 quater, co. 6, D. L. 26 ottobre 2016, n. 193, conv. in L. 1° dicembre 2016, n. 278.

[2] Così A. Gabrielli, Dizionario illustrato della lingua italiana; G. Devoto – C. Oli, Vocabolario illustrato della lingua italiana; N. Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana; G. Pittano, Dizionario fraseologico delle parole equivalenti, analoghe e contrarie. Il significato di “noto, risaputo”, attribuito inoltre all’aggettivo palese, sta per acquisito alla conoscenza del soggetto, senza che occorrano accertamenti o verifiche.

[3] Cassazione, 13 novembre 1979, n. 5901. Parimenti ed eloquentemente, “nell’ipotesi in cui l’interpretazione letterale di una norma di legge … sia sufficiente ad individuarne, in modo chiaro ed univoco, il relativo significato e la connessa portata precettiva, l’interprete non deve ricorrere al criterio ermeneutico sussidiario costituito dalla ricerca, mercè l’esame complessivo del testo, della mens legis, specie se, attraverso siffatto procedimento, possa pervenirsi al risultato di modificare la volontà della norma sì come inequivocabilmente espressa dal legislatore”. Pertanto non è “consentito all’interprete correggere la norma nel significato tecnico proprio delle espressioni che la compongono nelle ipotesi in cui ritenga che tale effetto sia solo inadatto rispetto alla finalità pratica di cui la norma stessa è intesa” (Cassazione, 6 aprile 2001, n. 5128).

[4] P. Rescigno, Manuale del diritto privato italiano, Napoli, 1980, 97.

[5] F. Nicolini, Dall’effetto all’effettività: un’ipotesi evolutiva del sistema delle notifiche tributarie, in Statuto dei diritti del contribuente, a cura di Fantozzi e Fedele, Milano, 2005, 164, ripreso da F. Toscano, Statuto dei diritti del contribuente e tutela dell’interesse fiscale, Torino, 2007, 108.

[6] F. Nicolini, op. cit., 177; la comunicazione aggiuntiva è sostenuta anche da F. Toscano, op. cit., 110, nonché da F. D’Ayala Valva, Il volto nuovo del fisco, in Nuovi studi politici, Università M. Assunta, 2003, 48.

[7] S. Capolugo, Manuale dell’accertamento delle imposte, Assago, 2001, 1934.

[8] Cfr. Cass., sez. trib., 16 marzo 2011, n. 6114 (in Boll. Trib., 2011, 1801, con nota di V. AZZONI, l’elezione di domicilio vincola l’Amministrazione finanziaria), con cui la Suprema Corte ha dichiarato la nullità della notificazione dell’atto impositivo, “siccome eseguita, ex art. 140 c.p.c., in luogo diverso dal domicilio eletto agli specifici fini” (punto 6)

Con due punte di diamante la Corte di Giustizia UE incide sul tessuto interpretativo delle norme in tema di operazioni IVA ritenute dal fisco soggettivamente inesistenti

16 Dicembre 2020

La Corte di Giustizia UE ha risposto ad alcune questioni postele dal Tribunale di Budapest e da quello di Cluj (Romania) con due sentenze, emesse rispettivamente dalla Sez. V, 16 ottobre 2019, in C-189/18, d’ora innanzi per brevità chiamata sent. Glencore, e dalla Sez. VI, 4 giugno 2020, in C-430/19, nel prosieguo denominata sent. C. F. Come è noto, l’interpretazione del diritto dell’Unione in materia d’IVA prevale sull’interpretazione delle corrispondenti norme del diritto nazionale, così come, su detta materia, i principi fissati dalla Corte di Giustizia prevalgono su quelli pronunciati dai giudici nazionali, compresa quindi la nostra Corte di Cassazione. Le due sentenze sono destinate ad imprimere una svolta epocale, in campo amministrativo e soprattutto giudiziario, nella tutela dell’imprenditore onesto inconsapevolmente coinvolto nelle c.d. frodi carosello e quindi condurranno all’abbandono di affermazioni sulle quali uffici fiscali e giudici hanno spesso fondato le loro decisioni.

Sono qui riportati i brani più rilevanti delle due corpose sentenze (31 pagine), trascrivendo in corsivo, per quanto possibile, solo le parole utilizzate dai giudici comunitari.

Le questioni rinviate dai due Tribunali al giudizio della Corte erano le seguenti.

1^ QUESTIONE. Se, alla luce del principio del rispetto dei diritti della difesa…, un atto amministrativo tributario adottato nei confronti di un privato [contribuente]… debba essere annullato … qualora quest’ultimo non abbia avuto la possibilità di accedere alle informazioni sulla base delle quali detto atto è stato adottato …, laddove tale atto faccia riferimento ad alcuni elementi del fascicolo amministrativo (in causa C. F.). Merita rilevare che nella precedente causa Glencore, ovvero in relazione agli analoghi quesiti 2° e 3, la Corte aveva preso atto che l’amministrazione finanziaria non mette a disposizione dell’altra parte [il destinatario delle fatture] il fascicolo relativo al controllo effettuato nei confronti della prima parte del rapporto giuridico (l’emittente delle fatture), e in particolare gli elementi su cui si fondano le constatazioni, i verbali e le decisioni amministrative, ma gliene comunica soltanto una parte, per estratto, di modo che l’amministrazione finanziaria porta il destinatario a conoscenza del fascicolo soltanto in modo indiretto, operando una selezione secondo criteri che le sono propri e sui quali l’altra parte non può esercitare alcun controllo.

La Corte afferma preliminarmente che il diritto a detrazione può … essere negato ad un soggetto passivo qualora si dimostri, e soltanto qualora si dimostri, alla luce di elementi oggettivi, che detto soggetto passivo, al quale sono stati ceduti i beni o prestati i servizi posti a fondamento del diritto a detrazione, sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con l’acquisto di detti beni o servizi, partecipava ad … un’evasione dell’IVA commessa dal fornitore o da altro operatore …[sent. Glencore, punto 35]. L’obbligo gravante sull’amministrazione finanziaria …, di dimostrare adeguatamente gli elementi oggettivi che consentono di concludere che il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere …, presuppone che tale amministrazione fornisca, nel procedimento in cui è parte il soggetto passivo, la prova dell’esistenza della frode alla quale gli viene addebitato di avere partecipato passivamente [punto 48]. Costituisce parte integrante del rispetto dei diritti della difesa il diritto … del destinatario di una decisione lesiva dei suoi interessi di far valere le proprie osservazioni … prima dell’adozione di [tale] decisione [punto 41]. Il diritto di essere ascoltati implica anche che l’amministrazione presti tutta l’attenzione necessaria alle osservazioni così presentate dall’interessato esaminando, in modo accurato ed imparziale, tutti gli elementi rilevanti della fattispecie e motivando circostanziatamente la sua decisione, laddove l’obbligo di motivare una decisione in modo sufficientemente dettagliato e concreto … costituisce un corollario del principio del rispetto dei diritti della difesa [punto 42].

Quindi, una violazione del diritto di accesso [al fascicolo] intervenuta durante il procedimento amministrativo non è sanata dal semplice fatto che l’accesso a quest’ultimo è stato reso possibile nel corso del procedimento giurisdizionale relativo ad un eventuale ricorso diretto all’annullamento della decisione contestata [punto 52]. Il giudice investito di un ricorso avverso una decisione dell’amministrazione finanziaria recante una rettifica dell’IVA è abilitato a controllare … le prove assunte in un procedimento amministrativo connesso, del quale il soggetto passivo non era parte e sulle quali si basa tale decisione [punto 65]. Se detto giudice non è legittimato ad accertare tale verifica …, le prove ottenute nell’ambito dei procedimenti amministrativi connessi e le constatazioni effettuate nelle decisioni amministrative adottate nei confronti di altri soggetti passivi in esito a tali procedimenti non devono essere ammesse, e la decisione impugnata, che si basa su tali prove, deve essere annullata [punto 68].

 

2^ QUESTIONE. Se l’amministrazione finanziaria possa subordinare l’esercizio del diritto a detrazione … ai fini dell’IVA al possesso di documenti giustificativi oltre alla fattura, quali preventivi o stati di avanzamento, non chiaramente e precisamente definiti dalla normativa tributaria nazionale (sent. C.F., terzo quesito).

La Corte, così investita, ha affermato [punto 47] che, se è vero che un soggetto passivo [che intenda esercitare il diritto a detrazione dell’IVA] si può trovare obbligato, quando dispone di indizi che consentano di sospettare l’esistenza di irregolarità o di frode ad assumere informazioni sull’operatore presso il quale intende acquistare beni o servizi ai fini di assicurarsi sull’affidabilità di quest’ultimo, la competente amministrazione tributaria … non può esigere … da tale soggetto passivo, da un lato, di verificare che l’emittente della fattura relativa ai beni e ai servizi … disponesse dei beni di cui trattasi e fosse in grado di fornirli e che esso abbia adempiuto agli obblighi dichiarativi e di versamento dell’IVA … o, dall’altro, di disporre di documenti a tale riguardo[1]. Pertanto, in presenza di semplici sospetti non suffragati dall’amministrazione finanziaria … quanto all’effettiva realizzazione [sul piano oggettivo o soggettivo] delle operazioni economiche che hanno portato all’emissione di una fattura, osta che al soggetto passivo destinatario di questa fattura venga negato il diritto alla detrazione dell’IVA se non sia in grado di fornire, oltre a detta fattura, ulteriori prove a sostegno dell’effettiva esistenza delle operazioni economiche realizzate [punto 49].

 

[1] La Corte richiama a proposito il punto 52 della sent. 22 ottobre 2015, in C-277/14, c. d. PPUH Stehcemp.